Al di là degli innumerevoli sequestri ingiustificati che nei passati quattro anni sono stati ritenuti inutili anche dalla magistratura con archiviazioni, dissequestri e assoluzioni, questo autunno è stato particolarmente pieno di scossoni di tutti i tipi per il settore della canapa.
Le comunicazioni di FIT e AAMS
A settembre arriva un comunicato della Federazione Italiana Tabaccai (FIT) ai propri associati che sconsiglia di vendere prodotti derivati dalla Cannabis Sativa. Nello stesso periodo esce un video dove il presidente della FIT chiede l’esclusiva sulla vendita dei prodotti derivati dalla Cannabis, tentando di aprire con il trinciato di infiorescenza il mercato dell’inalazione a strettissimo controllo dell’amministrazione autonoma delle dogane e dei monopoli. Un po’ come il lupo con l’uva: se ci arriva solo lui bene, altrimenti l’uva sarebbe cattiva.
Poi arriva una determinazione direttoriale n 350874/RU del 13 ottobre 2020 di AAMS che, riprendendo il parere di fit, avvisa di revocare la licenza a chi avesse venduto derivati della canapa se non avessero avuto una destinazione tassativamente prevista dalla legge 242/2016 e ribadisce che devono essere “prive di efficacia drogante”. Comunicazioni che hanno creato notevole confusione tra gli operatori anche se in fondo tecnicamente non dicono nulla di più di ciò che non sia già normato.
Il CBD naturale
un iniziale parere della commissione europea sul CBD ha scosso tutti rischiando un blocco della produzione di cannabidiolo di origine naturale. Succeduto dal DM Speranza, poi sospeso il giorno prima dell’entrata in vigore, con cui si inserivano nella legge 309/90 sezione B, tabella dei medicinali che hanno effetti stupefacenti, le “composizioni per somministrazione ad uso orale di cannabidiolo ottenuto da estratti di Cannabis”.
Il 19 novembre arriva una sentenza della Corte di Giustizia Europea che pone il limite agli Stati Membri di non poter più impedire la circolazione e commercializzazione nei mercati UE dei prodotti derivati dell’intera pianta.
Anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità, tra le varie, raccomanda all’ONU di escludere dalle sostanze che necessitano di controllo il CBD e le preparazioni con CBD ottenuto dalla pianta.
L’ONU questo 2 dicembre approva una sola delle raccomandazioni dell’OMS, la principale. La “culla del proibizionismo”, come chiamata da alcuni, riconosce finalmente la Cannabis una sostanza terapeutica, rimuovendola dalla tabella 4 nella quale si trovano le sostanze a maggior rischio di abuso e senza alcun valore benefico.
La Commissione europea, alla votazione ONU quasi unanime, cambia rotta e decide di dare il via libera alla qualificazione del CBD come alimento o integratore alimentare. Ma per ora lo fa secondo le regole del Novel Food, una normativa che consente la registrazione e quindi commercializzazione di un prodotto alimentare al CBD solo a gruppi industriali sufficientemente grandi e strutturati o a consorzi costituiti a questo scopo, a causa delle elevate spese di registrazione. Un’operazione esosa e complessa per la maggior parte delle piccole realtà italiane d’eccellenza.
Speriamo che almeno il Ministro Speranza ritiri il suo decreto, alla luce delle possibili implicazioni per il settore, alla luce delle raccomandazioni dell’OMS e del quadro internazionale.