Impossibile rifornirsi da produttori in Francia

Ma questi negozi possono essere perseguiti penalmente e non possono ottenere forniture dai produttori francesi di canapa – utilizzata in particolare nei tessuti e nell’edilizia – secondo la legge francese che, in base al decreto del 1990 sui narcotici, vieta di utilizzare le foglie e i fiori della pianta che contengono naturalmente CBD, la molecola non psicotropa della canapa.

Gli autori del documento presentato ieri, infatti denunciano come il CBD sia “la vittima collaterale dell’approccio essenzialmente proibizionistico alla cannabis nel nostro paese (in Francia nda), soffrendo della parentela con la demonizzata cannabis ad alto contenuto di THC.

Cosa raccomanda la relazione parlamentare Francese sulla Canapa?

Per uscire da questa situazione, togliere quindi il freno allo sviluppo economico del settore canapa in Francia, e per garantire al consumatore una sicurezza sui prodotti derivati dal CBD, il rapporto parlamentare “La Canapa e Benessere” consta di ben 20 proposte e, tra le altre cose, chiede che sia obiettivo primario del parlamento che si faccia informazione sugli usi della cannabis e sulla formulazione dei suoi derivati.

Gli autori del rapporto raccomandano in particolare “l’autorizzazione alla coltivazione, importazione, esportazione e utilizzo di tutte le parti della pianta di canapa per scopi industriali e commerciali, compreso il fiore”.

La Francia permette a oggi la coltivazione e commercializzazione solo di fibre e semi di canapa, e questo a condizione che il loro contenuto di thc sia inferiore allo 0,2%. I prodotti finiti (alimenti, integratori alimentari, cosmetica e così via), secondo la legge francese devono invece essere completamente privi di thc.

Si chiede quindi che vengano modificati i limiti di thc ammessi: nello specifico la relazione chiede di rimuovere la soglia pari allo 0% di thc per i prodotti finiti e per le colture di canapa di stabilirla tra lo “0,6%” e l’1% per i territori d’oltremare situati a latitudini più calde”. 

Cosa ne farà il governo francese di queste raccomandazioni?

La normativa francese a riguardo della canapa e del CBD è stata ritenuta non conforme e “illegale” con una sentenza del 19 novembre 2020 dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE), in nome della libera circolazione delle merci, a meno che il rischio per la salute pubblica invocato dalla Francia “non appaia sufficientemente accertato” .

La Corte di Giustizia Europea ha inoltre affermato nella sentenza che il CBD non ha effetti psicotropi o dannosi sulla salute e che non può essere considerato un narcotico o un medicinale.

Aurélien Delecroix, presidente dell’Unione professionale canapa (SPC) accoglie con soddisfazione il rapporto e le raccomandazioni: “Questa relazione parlamentare va nella giusta direzione. La Francia, che si trova in una situazione particolarmente svantaggiosa, potrà prendere piede in questo nuovo settore e cercare di sopperire al ritardo accumulato fino ad ora“.

Un settore di successo quello del CBD francese: seppur ancora giovane rispetto a quelli più maturi di Gran Bretagna, Stati Uniti o Svizzera, oggi ha un giro d’affari che va dai 150 ai 200 milioni di euro e potrebbe raggiungere il miliardo di euro entro il 2023 se venisse tolta la vaghezza giuridica che lo circonda.

La palla ora va al tribunale della Mildeca (Ente Interministeriale per la Lotta alla Droga e alle Dipendenze). Nella relazione parlamentare si afferma che il Mildeca sta studiando le modalità per tener conto del giudizio della corte europea. Ma secondo Ludovic Mendes, deputato parlamentare francese LREM e relatore tematico sull’aggiornamento Benessere CBD, “il problema non è se si stia muovendo velocemente o no, ma se ci si stia muovendo nella giusta direzione. Sappiamo che Mildeca non è necessariamente in linea con alcune delle nostre proposte, come la revisione dei livelli di THC o l’utilizzo del fiore e potrebbe sempre trovare qualche cavillo che mette un freno al settore. Siamo quindi molto vigili ed è per questo che facciamo le nostre proposte, perché crediamo che in uno Stato di Diritto come la Francia, oggi è proprio “la libertà di fare impresa e investire che viene messa in discussione”.