Non potevamo che iniziare analizzando le fondamenta su cui costruire la nostra conoscenza: il suolo.  Al termine della lettura dei tre articoli sul “suolo” potrete, oltre che valutare la qualità di un terreno e comprenderne le analisi, intendere quanto siano varie e complesse le interazioni che coesistono in questa vitale matrice che tutti i giorni scorre sotto i nostri piedi. Prima di parlare del sistema suolo e delle sue interazioni con le colture e le pratiche agricole, è necessario definirne le componenti e caratterizzarne le proprietà.

Il Suolo - Parte 1/3

Il suolo è un vero e proprio ecosistema, è complesso e altamente eterogeneo; in un singolo grammo di terreno possono coesistere differenti ambienti con differenti nicchie ecologiche, abitati da migliaia di microorganismi differenti presenti in concentrazioni vertiginose, che possono raggiungere le decine di miliardi (Evgenia et al. 2013).

In questa prima parte affronteremo le caratteristiche fisiche, per poi addentrarci, nel successivo articolo, in quelle chimiche, e discutere di alcuni fondamentali parametri che hanno strane unità di misura e acronimi dubbi; infine affronteremo una vera analisi del terreno, che valuteremo come punto finale dell’argomento trattato.

granulometria-suolo

Tessitura

Un terreno non è composto esclusivamente da particelle di uguali dimensioni e le frazioni granulometriche del terreno sono presenti in percentuali variabili. Il suolo acquisirà quindi nomi diversi in base alla sua composizione: terreno sabbioso, terreno sabbioso-limoso, terreno sabbioso-argilloso, e così via.

Con il termine tessitura si indica la frazione solida del terreno, espressa come percentuale delle particelle elementari che lo compongono, classificate in base al diametro. La tessitura è una caratteristica di grande importanza in quanto molte proprietà del terreno sono influenzate dalle dimensioni e dalla tipologia delle particelle che lo costituiscono. 

La tessitura è una caratteristica immutabile (https://iaassassari.files 2012), ma ciò non vuol dire che non si possa migliorare, ad esempio si può integrare sostanza organica. 

Possiamo dire che il terreno si compone generalmente di 4 tipologie di particelle elementari: scheletro-sabbia-limo-argilla (P.Sequi et al. 2005).

Scheletro

Lo scheletro ha un diametro tra i 2 e i 20 mm, è costituito da ghiaia e piccoli sassi e non apporta nessun elemento benefico e di struttura (non presenta coesione con gli altri elementi). Non aiuta la ritenzione idrica e rende a volte più complessa la lavorazione. Per un terreno con buone caratteristiche, lo scheletro deve essere inferiore al 5%.

Sabbia

La sabbia è la seconda componente per dimensione (tra i 2 e i 0.2 mm) e si suddivide in ulteriori classi granulometriche che però non staremo qui a valutare; vi basti sapere che la sabbia, a differenza dello scheletro, presenta delle caratteristiche anche positive e che ben si associano, in determinate situazioni, con la coltivazione della canapa.

La prima è sicuramente la velocità di sgrondo, e quindi la ridotta ritenzione idrica: questa, nonostante possa sembrare un particolare di poco pregio, risulta invece molto importante nelle prime fasi di attecchimento, dove è fondamentale evitare ristagni idrici.

La seconda è la facilità di lavorazione, che la sabbia mantiene anche a seguito di brusche variazioni di umidità, grazie alla presenza di numerosi macropori, dove si raccoglie l’aria.

A livello di fertilità chimica e biologica invece la sabbia non è sicuramente una delle componenti più interessanti: ha una ridotta superficie d’interazione e non presenta elementi colloidali capaci di trattenere la nutrizione. La sabbia ha la caratteristica di aumentare indirettamente la velocità di degradazione della sostanza organica.

Limo

Il limo (0.2-70 micron) presenta delle caratteristiche intermedie tra la sabbia e l’argilla.

È una componente del suolo che, se presente in percentuali troppo elevate, può dare problematiche andando a creare fenomeni di ridotta percolazione e asfissia. Le variazioni repentine di umidità (turni irrigui non ponderati) andranno nel tempo a causare fenomeni di cementificazione superficiale degli strati, deleteri nelle prime fasi di sviluppo delle nostre piantine.

Un terreno è definito limoso quando la sua costituzione è data da almeno 75-80% di limo.

Argilla

Argilla (70-1 micron), una delle componenti più importanti della fertilità del suolo.

I terreni con forte presenza di argilla hanno caratteristiche di:

  • elevata tenacia e compattezza
  • scarsa ossigenazione e ridotto drenaggio
  • forte capillarità e crepacciabilità

I fenomeni all’ultimo punto possono essere sia pregi che difetti, dipende dal contesto!

I terreni argillosi (si chiamano così quando presentano almeno 18% di argilla) si definiscono terreni pesanti, ma la loro densità è di molto inferiore ai terreni sabbiosi definiti “leggeri”, perché?

Semplice! Perché gli aggettivi “leggero” e “pesante” si riferiscono alla lavorabilità del terreno,e  non al suo peso specifico! I terreni argillosi sono terreni che si oppongono alla lavorazione e che presentano un elevato numero di micropori (minuscoli spazi interstrato in cui si raccoglie l’acqua). Tuttavia, data la dimensione delle loro particelle, godono di diverse proprietà tra le quali le proprietà colloidali. Per semplificare immaginiamo le particelle di argilla come minuscole sfere che possono interagire tra loro andando a formare granuli o glomeruli. Questi aggregati presenteranno un elevatissima superficie di contatto con il suolo, oltre che delle cariche elettriche capaci di attrarre, a seconda del pH del mezzo, determinati elementi nutritivi carichi positivamente o negativamente.

Cosa succede quando immettiamo acqua e fertilizzante in un terreno contenente argille? La soluzione che percola nel suolo prende il nome di soluzione circolante e racchiude all’interno tantissime componenti (organiche e minerali) cariche elettricamente, che andranno ad interagire prima con il suolo e poi con le radici. Gli elementi della soluzione (cationi positivi, e anioni negativi) circolano nel suolo e interagiscono con i colloidi delle argille venendo da questi ultimi catturati o, a volte, raggiungendo direttamente la superficie radicale (il rizoplano). Naturalmente non tutte le molecole vengono attratte, le argille colloidali hanno carica negativa nella maggior parte dei nostri terreni con ph>7: solo le molecole delle giuste dimensioni e cariche positivamente come per esempio Ca, K, Mg, Ammonio vengono catturate.

Le argille hanno quindi la capacità di trattenere i cationi positivi sulla loro superficie, permettendo alle piante una nutrizione più equilibrata nel tempo.

Per capire come valutare il nostro terreno ci viene in aiuto il triangolo di Shepard (1958), che intorno alla metà del ‘900 crea il suo diagramma per valutare la tessitura del suolo. 

Struttura

La localizzazione spaziale e reciproca di queste particelle elementari (sabbia-limo-argilla), il modo in cui esse sono associate e l’intensità dei loro legami determinano la struttura che è in grado di influenzare i rapporti fra parte solida, parte liquida e parte gassosa nel sistema vivente suolo (R. Talarico, 2009).

Ne risultano influenzate l’umidità, la tenacità, la temperatura, l’aerazione (e quindi i processi di ossidazione e di riduzione che avvengono nel terreno legati alla trasformazione della sostanza organica in nutrimento). È evidente che, in presenza di una buona struttura, le radici hanno maggiore possibilità di esplorare il terreno, di assorbire l’acqua ed i principi nutritivi, di disporre di ossigeno per i loro processi metabolici; gli organismi terricoli si avvantaggiano di una buona struttura, cosi come le nicchie microbiche che colonizzano la rizosfera e le interazioni che ne derivano.

Porosità e sofficità

Abbiamo accennato prima ai micro e macropori, ora vediamo perché sono cosi importanti.

Per porosità si intende il rapporto tra il volume non occupato delle componenti solide del terreno ed il volume del terreno stesso.

Distinguiamo due macrocategorie di pori:

  1. macropori (> 8 micron) e
  2. micropori (< 8 micron).

La microporosità è fondamentale per trattenere l’acqua (o per farla risalire attraverso il fenomeno della capillarità).

La macroporosità permette invece lo sgrondo dell’acqua e la raccolta di ossigeno.

Il giusto equilibrio tra questi due spazi nel suolo permette uno sviluppo ottimale delle nicchie microbiche e dello spostamento della fase liquida e gassosa: un terreno con un  rapporto ideale è di 1:1 tra micro e macroporosità.

Va però specificato che il rapporto tra macro e microporosità varia con le lavorazioni, e soprattutto con il contenuto di acqua nel terreno. Il volume apparente altro non è che un indice per valutare indirettamente la porosità di un terreno, ricordando che un terreno sabbioso avrà un volume o una densità apparente maggiore rispetto ad un terreno argilloso, proprio perché avrà pochi interspazi di grandi dimensioni.

Rubrica Scientifica a cura di Samuele Paganelli

Bibliografia

Active microorganisms in soil: Critical review of estimation criteria and approaches in Soil Biology and Biochemistry 
Volume 67, pp.192-211, E. Blagodatskaya, Y. Kuzyakov  (2013)

Fondamenti di chimica del suolo, Paolo Sequi (2005)

Tecnologie meccaniche adoperate in agricoltura conservativa per la protezione del suolo agrario dai fenomeni erosivi e dalla compattazione – Valutazione in campo e sviluppo di un protocollo di prova europeo per le macchine della lavorazione del terreno, Raffaele Talarico (2009)