Le Lavorazioni del Terreno

A cura del Dott. Agronomo Niccolò Bianchi

Parlando di suolo è necessario affrontare l’argomento delle lavorazioni del terrenoDalla scoperta dell’aratro l’essere umano non ha mai smesso di “mettere mano” al medium di coltivazione per eccellenza, la terra, il suolo.

Questo ha permesso un notevole incremento della possibilità di lavorare la terra. Dalla sua invenzione nella sua forma più primitiva prima del 6000 a.C. fino alla sua forma medievale che presentava il versoio, l’aratro ha continuato a evolversi. Oggi utilizziamo versioni più grandi, più tecnologiche o più resistenti dello stesso aratro medievale: scalpello, vomere e versoio.

Col tempo si sono evolute moltissime tecniche diverse di lavorazione del suolo, basate sulle esigenze e possibilità del luogo. Ovviamente è bene anche considerare, ma lo vedremo più avanti in modo più specifico, che esistono differenti linee di pensiero riguardo alle lavorazioni: quali fare, come e quando effettuarle o persino se effettuarle.

È quindi impossibile dare una ricetta unica e fissa per la lavorazione perfetta, piuttosto cercherò di portare a conoscenza del lettore quelle che ritengo siano le conoscenze più importanti che è necessario avere, al fine di lavorare il proprio terreno nel miglior modo possibile.

La Classificazione dei Suoli

I Suoli sono suddivisi in base a differenti fattori e una classificazione accettata a livello globale è la USDA Soil Taxonomy che li raggruppa in base alla loro composizione e all’origine, in 12 ordini.

Gli ordini sono poi suddivisi in Sottordini, Gruppi, Sottogruppi, Famiglie e Serie (ovvero la disposizione degli orizzonti) per un totale di circa 19.000 tipi diversi di suolo.

Pertanto è abbastanza facile comprendere che nessuna regola, per quanto riguarda le lavorazioni del terreno, può essere presa per “oro colato”.

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Gli Orizzonti del Suolo (di Superficie)

Il suolo, ovvero i primi 100cm di terreno dalla superficie, può essere classificato anche in base agli orizzonti che presenta. Sono moltissimi gli orizzonti diversi che si possono trovare e vengono classificati in orizzonti superficiali e di profondità.

Gli orizzonti definiscono un suolo per la sua struttura, composizione e origine e ne esistono circa 20 tipi. Conoscerli ci aiuta a comprendere, prima delle analisi, la composizione del suolo, oltre che parlarci delle sue origini.

Gli orizzonti diagnostici sono di superficie o di profondità, e si caratterizzano in numerosi e differenti classi. Queste categorizzazioni sono legate alla pedogenesi e ad alcune caratteristiche fisse (% di elementi, strutture fisiche presenti, tempistiche di saturazione e così via) che presentano questi suoli. Sono nozioni prettamente tecniche che interessano poco nello specifico la coltivazione della Canapa quindi non entreremo nel dettaglio, ma lasceremo qui a seguito qualche esempio per chi volesse approcciarsi alla lettura.

Dal latino mollis, morbido, è un orizzonte diagnostico molto scuro, non indurito anche se secco, generalmente piuttosto spesso, con un tasso di saturazione in basi maggiore del 50% e meno di 250 ppm di P2O5. Deve inoltre essere umido per almeno tre mesi cumulativi all’anno (in assenza di irrigazione).

Questo orizzonte diagnostico è talmente correlato con i suoli dell’ordine dei Mollisol da avergli dato il nome; è l’orizzonte quasi nero e profondo dei suoli di steppa, anche se all’interno di questo sistema di classificazione l’ordine dei Mollisol comprende altri suoli oltre alle terre nere (Chernozem).

Dal latino umbra, ombra, in riferimento al colore piuttosto scuro, è anch’esso un orizzonte scuro, soffice, relativamente profondo.

A occhio nudo è indistinguibile da un epipedon mollico; le differenze fra i due si svelano solo dopo un’analisi chimica che rivela il suo tasso di saturazione in basi, che è minore del 50% al contrario del mollico. Pertanto, risulta leggermente più acido e di conseguenza meno fertile.

Dal greco histos, tessuto, è invece un orizzonte che risulta composto da materiali organici (torba) per uno spessore da 20 a 60 cm, analogamente all’epipedon folistico; a differenza di quest’ultimo manifesta però saturazione per più di 30 giorni cumulativi all’anno (a meno che non sia drenato artificialmente) e presenta screziature derivanti da condizioni redox.

Gli Orizzonti Diagnostici di Profondità

Gli orizzonti diagnostici di profondità si differenziano da quelli di superficie perché la loro formazione e il loro sviluppo sono avvenuti in profondità nel terreno. Anche qui, come approfondimento al lettore curioso, lasciamo solo qualche riferimento senza affrontare nello specifico le varie classi.

Dal latino ager, campo coltivato. L’orizzonte agrico è un orizzonte di illuviazione che manifesta significativi arricchimenti in limoargilla e humus; si sviluppa in suoli che vengono sottoposti a lavorazioni agricole per tempi lunghi. L’orizzonte agrico deve essere spesso almeno 10 cm.

In un suolo utilizzato continuativamente per scopi agricoli, l’aratura causa lo sviluppo di grossi macropori che, unitamente all’assenza di vegetazione nel periodo immediatamente successivo, provoca importanti aumenti della percolazione dell’acqua. Questa acqua, nel suo cammino verso il basso, trascina con sé, eluviandole, particelle di argilla, limo e humus che si accumulano quindi nell’orizzonte immediatamente sottostante.

Questi componenti traslocati nel profilo possono accumularsi in differenti maniere, essenzialmente in dipendenza del regime di umidità del suolo.

Dal latino cambiare. Deriva da processi di alterazione fisica e/o trasformazioni chimiche, che hanno provocato trasformazioni della originale struttura rocciosa o aggregazioni delle particelle del suolo (in poche parole, che hanno provocato una pedogenesi almeno iniziale). Per essere definito cambico, un orizzonte deve essere spesso almeno 15 cm.

Dato che le definizione di orizzonte cambico è piuttosto lasca, possono manifestarsene diversi tipi, e la sua presenza può essere sintomo di diverse condizioni di nascita e sviluppo di un suolo.

Un duripan è un orizzonte sottosuperficiale cementato, più frequentemente da silice illuviale, altre volte da sali come il carbonato di calcio; si rinviene di preferenza in climi piuttosto secchi. È molto duro allo stato secco, ma diventa friabile se inumidito.

La Sostanza Organica - s.o.

Parlando di suolo e di lavorazioni non si può evitare di parlare di Sostanza Organica.

Perché è così importante la sostanza organica nel terreno e perché è importante utilizzare delle lavorazioni che ne preservino la qualità e la quantità?

La sostanza organica costituisce uno dei fattori fondamentali del terreno per gestire lo scambio dei nutrienti, l’umidità e la struttura stessa del terreno.

La sostanza organica altro non è che tutto ciò che è considerato materia organica (morta e vivente) presente all’interno del terreno.

La Sostanza Organica si divide in 4 classi

Classe 1 – detta anche Edaphon è tutta la biomassa vivente presente nel terreno composta da piante, animali, batteri, ecc.

Classe 2– È la sostanza organica morta e non decomposta, come le feci, il letto di foglie del bosco e gli apparati radicali morti.

Classe 3 – È la sostanza organica morta, in via di decomposizione

Classe 4Humus è l’ultima fase, la fase dell’ umificazione. La sostanza organica qui è miscelata con la porzione mineralizzata ed è lo stadio finale nel quale il processo di decomposizione rende nuovamente disponibili gli elementi per le piante presenti sul suolo.

È quindi facilmente comprensibile che sia necessario un buon apporto di sostanza organica in ognuna delle precedenti classi elencate, perché un terreno possa ottenere un certo grado di autosostentamento. La parte fertile è infatti l’Humus, che però necessita di tutte le fasi precedenti per formarsi.

La sostanza organica ha delle proprietà molto importanti

  • Migliora la struttura del terreno, coadiuvando la formazione di complessi argillo-umici, ovvero piccoli agglomerati di terra e sostanza organica, che migliorano la struttura del terreno.
  • Combatte l’erosione, per via della sua natura aggregante.
  • Nei terreni sabbiosi conferisce struttura e ritenzione idrica, nei terreni argillosi invece favorisce la formazione di pori e la strutturazione del terreno.
  • Migliora la capacità di scambio cationico (cioè la capacità del terreno di scambiare nutrienti con le piante)
  • Migliora il potere tampone, cioè la capacità di resistere a variazioni di pH e salinità.

Nonostante quelle elencate siano già sufficienti a farci innamorare di uno dei componenti più interessanti del suolo, c’è ancora da dire che la sostanza organica coadiuva la formazione di una grandissima varietà di microrganismi e piccoli animali. Migliora quindi la biodiversità del nostro suolo incrementando moltissimo la quantità di specie di batteri, nematodi, funghi presenti nel suolo.

Certamente questo incrementerà la presenza di specie diverse, ma ridurrà il numero di quelle dannose che dovranno vivere una competizione alimentare molto più serrata. Inoltre la moltitudine di microrganismi che vive il suolo, muore nel suolo, costituendo una fonte a ciclo rapido di sostanza organica da decomporre.

TECNICHE DI LAVORAZIONE E MACCHINARI

Di seguito verranno elencate le lavorazioni in ordine cronologico e gli strumenti con i quali vengono eseguite, ricordando che non esiste una regola fissa, ma che è necessario studiare le necessità del proprio appezzamento caso per caso, per determinare quale sia la scelta migliore.

Iniziamo con le lavorazioni di messa a coltura, necessarie quando si parte a preparare un impianto colturale da un terreno abbandonato o da un bosco.

LAVORAZIONI DI MESSA A COLTURA

Disboscamento e Decespugliamento

Come dice il nome stesso si tratta dell’operazione preliminare di pulizia della superficie. L’obiettivo è rimuovere tutto il materiale vegetale come arbusti e alberi. Può essere effettuato sia da macchinari, in determinate condizioni, sia dall’uomo con attrezzature specifiche.

Estirpazione

È l’operazione che segue il disboscamento. Si rimuove la parte ipogea della pianta, cioè le radici che stanno al di sotto del terreno, e una porzione del colletto e del tronco. Esistono dei macchinari appositi, ma nella pratica quotidiana sovente vengono utilizzati escavatori, capaci di esercitare una grande forza per estirpare la parte ipogea rimasta dopo il disboscamento.

Spietramento (eventuale)

Sempre attraverso l’utilizzo di escavatori può essere effettuato, quando necessario, lo spietramento. Un terreno con grosse pietre o macigni può rendere complessa la coltivazione, limitando le possibilità di utilizzo degli strumenti che rimarrebbero danneggiati qualora si scontrassero con pietre o macigni durante il lavoro.

Spianamento

Lo spianamento si esegue con l’escavatore e ha lo scopo di omogeneizzare la pendenza lungo tutta la superficie per evitare zone del campo con ristagni d’acqua.

Lavorazioni Profonde

Le lavorazioni profonde sono anche definite “scassi” e hanno la funzione di strutturare il terreno nelle parti più profonde per favorire l’incremento della porosità e interrare la sostanza organica superficiale limitando la ricrescita delle erbe infestanti poiché vengono invertiti gli strati del suolo.

Questa operazione riporta in superficie strati di profondità.

Le lavorazioni profonde sono di diversi tipi: 

Scasso (eventuale)

Lo scasso è una lavorazione profonda che si fa tra gli 80 e i 150cm con degli aratri di profondità trainati da macchine molto potenti e spesso a cingoli, proprio per migliorare la trazione e l’apporto di potenza.

Lo scasso è utilizzato di rado, sovente all’impianto di frutteti o impianti poliennali.

Uno speciale tipo di aratro, a doppio versoio, permette di creare dei canali molto profondi, utilizzati ai lati dei campi per favorire il drenaggio del terreno.

Aratura

Si considera anche l’aratura una operazione di profondità quando viene eseguita a 50-80cm di profondità.

In questi casi viene effettuata come lavorazione profonda che dovrà essere seguita necessariamente da una seconda aratura più superficiale e da altre lavorazioni di affinamento, con apporto di sostanza organica, poiché quella presente nel terreno è stata interrata in profondità.

Rippatura

Si tratta di una scarificatura molto profonda, eseguita con attrezzi che rialzano il terreno, ma senza invertirne gli strati.

Si tratta di una lavorazione meno invasiva per la stabilità dell’ecosistema del suolo, che apporta comunque un buon ricambio d’aria al terreno, specialmente se effettuata in due passaggi incrociati e seguita da altre lavorazioni di rifinitura.

L’attrezzo con il quale si esegue questa lavorazione, e dal quale questa prende il nome, si chiama “ripper”

LAVORAZIONI PREPARATORIE

Sono lavorazioni che si effettuano per preparare il terreno all’impianto, trapianto o semina del terreno. 

Oltre alle particolari sistemazioni per le varie coltivazioni (i pali per il vigneto, le spalliere per gli ulivi eccetera), ci sono delle operazioni sul terreno che vengono eseguite indipendentemente dalla coltivazione, con scelte basate sulle necessità.

1. Aratura

Per i lavori di preparazione del terreno non si esegue a profondità: fino a 40cm a seconda della coltura e delle necessità

Poiché l’aratura tende a omogeneizzare il terreno nei suoi strati e a creare una macroporosità, deve essere effettuata sui terreni che ne hanno bisogno. 

Inoltre va considerata la tessitura del terreno e il suo stato poiché deve essere eseguita nel giusto momento per evitare la creazione di una soletta di lavorazione che peggiorerebbe il drenaggio.

2. Vangatura

È una lavorazione sostitutiva all’aratura, che veniva anticamente praticata manualmente attraverso la vanga, e oggi viene effettuata attraverso uno strumento agricolo portato dal trattore e azionato tramite la presa di potenza: la vangatrice.

Viene solitamente utilizzata in terreni che hanno tessiture più argillose, poiché si limita molto l’effetto della soletta di lavorazione.

Il macchinario simula il movimento dello strumento manuale, spostando la zolla e inclinandola sulla precedente.

3. Zappatura "fresatura"

La zappatura è l’operazione manuale che sminuzza la parte superficiale del terreno rimuovendo le erbe infestanti, e le loro radici.

Oggi viene eseguita con uno strumento meccanico chiamato fresatrice, che consiste in una serie di coltelli rotanti che entrano fino a 15-20cm nel suolo e lo rimescolano energicamente.

4. Scarificatura

Equivale a una rippatura eseguita a una profondità inferiore (fino a 40-50cm), ed è eseguita per favorire l’aerazione dei prati o delle colture a file.

LAVORAZIONI CONSECUTIVE

Sono le lavorazioni che vengono effettuate dopo l’impianto della coltura o dopo la semina. Nel caso delle colture perenni possono avvenire anche annualmente, come la trinciatura nel vigneto.

1. Rullatura

Per far aderire il seme al terreno si utilizza un pesante rullo trainato dal trattore, solitamente è utilizzata dopo la semina del grano, anche per proteggere i semi dagli uccelli.

2. Scarificatura

Per favorire l’areazione sui prati, o sulle colture a file, è la stessa operazione della rippatura, ma eseguita ad una profondità inferiore: fino a massimo 40-50cmE’ utilizzata anche nei prati. 

3. Erpicatura

Per l’affinamento del terreno e la rimozione delle erbe infestanti, si esegue con lo strumento chiamato erpice che può essere a dischi, a catena o a denti. Ognuno degli strumenti precedenti è adatto a un tipo di terreno diverso. L’obiettivo è quello di sminuzzare la parte superficiale di terreno e di rimuovere le erbe infestanti.

4. Sarchiatura e Zappatura

Per la rimozione delle erbe infestanti sulla fila si può eseguire una sarchiatura, cioè un riporto di terreno dal centro dell’interfila sulla linea della fila stessa, coprendo le radici delle piante e migliorandone il drenaggio. Può essere eseguita anche manualmente con una zappa.

5. Fresatura

Qualora sia previsto un apporto di sostanza organica tramite sovescio su coltura perenne si utilizza fresare il concime nell’interfila, lontano il più possibile dalle radici.

Trinciatura / Falciatura

Operazione che si effettua nei frutteti per mantenere basso il cotico erboso, spesso eseguita nei vigneti o in altre colture perenni, poiché lo strumento penetra pochissimo nel terreno, riducendo i potenziali danni radicali.

Minim Tillage - No Tillage

Il minimum o no tillage è una pratica che si riferisce a limitare le lavorazioni ai primi 10-20cm di profondità per eliminare il problema del rivoltamento degli strati, nel caso del “Minimum tillage” o per non destratificare il terreno, come nel caso del “No Tillage”.

Il mantenimento degli strati del terreno nel corretto ordine è importante, perché a ogni profondità il suolo è abitato da animali e altri microrganismi differenti. I batteri aerobi della decomposizione (responsabili del compostaggio) risiedono nella parte superficiale del terreno, dove l’ossigeno è maggiore; al contrario non si ritrovano in profondità dove il ricambio d’aria è molto più lento, se non assente.

Ognuno degli abitanti del suolo adempie a un’importante funzione ecologica e, sebbene ci siano molte specie diverse che svolgono lo stesso ruolo, tanti “modi diversi” di metterlo in pratica sono un grandissimo vantaggio, perché conferiscono resilienza.

La resilienza è la capacità del terreno di tornare allo stato originario dopo un evento. È bene distinguere la differenza tra resilienza e resistenza, che è invece la capacità del terreno di resistere a eventi che ne modificherebbero lo stato.

La resilienza è direttamente collegata alla biodiversità di un suolo, poiché tante più specie diverse ci sono, tante più probabilità esistono che quella funzione ecologica sia espletata al meglio.

Errori comuni: come evitarli

Esistono degli errori comuni di valutazione che molti imprenditori e agricoltori fanno. L’acquisizione da parte della scienza di nuove conoscenze, prevederebbe che queste vengano utilizzate, ma spesso in campagna si tende “a fare quello che si è sempre fatto”.

Un errore molto comune è fare quello che fa il vicino. Il terreno varia nella sua composizione anche all’interno di un singolo ettaro, pertanto è impensabile che il terreno del vicino, che magari sta a 50 metri di dislivello sotto rispetto a noi, sia uguale al nostro.

Di conseguenza, un altro errore comune, è quello di non analizzare il terreno per comprenderne la tessitura.

Un altro degli errori più comuni è quello di eseguire le lavorazioni nel momento sbagliato o con lo strumento sbagliato. Le lavorazioni del terreno si eseguono quando il suolo è definito “in tempera” cioè col giusto grado di umidità e “morbidezza”. 

Un terreno troppo duro, infatti, potrebbe danneggiare l’aratro o utilizzare uno spropositato quantitativo di energia (e quindi carburante) andando a incidere sul costo dell’operazione in modo oneroso. 

Al contrario un terreno molle non solo consuma più energia (in quanto i pori pieni d’acqua appesantiscono la zolla da ribaltare), ma in caso di una tessitura argillosa lo strumento taglia il terreno formando una netta soletta di lavorazione, creando una barriera impenetrabile per le radici e per l’acqua.

Danni delle lavorazioni: l'erosione e la sua prevenzione

Le lavorazioni mal eseguite, o eseguite nei tempi sbagliati, possono essere addirittura dannose per il suolo, non soltanto nel breve termine sulla coltura, ma anche nel lungo termine, poiché possono influenzare l’erodibilità del terreno e la sua fertilità.

Le lavorazioni eseguite su un terreno sabbioso troppo secco, ad esempio, creano una grande massa di polveri che costituivano suolo e che ora vengono disperse e portate lontano dal campo. Questo riduce molto la fertilità e modifica la tessitura del terreno stesso.

Per prevenire l’erosione del terreno è bene adottare tecniche di lavorazione, attrezzi e momenti adatti; inoltre è necessario operare giuste scelte riguardo l’utilizzo di pacciamature naturali o artificiali o l’adozione di pratiche di minimum tillage.